Il gatto ha sempre costituito, fin dai tempi più antichi, un animale dove l’uomo ha visto, in maniera spesso discordante, l’incarnazione di “simboli”: demonio, dio venerato, portatore di sciagure e di disgrazie, oppure tenero peluche da accarezzare. Tutt’oggi permane questa situazione: per molti sinonimo di sventura; eppure, davanti all’espressività di un gatto, come non sentire richiami affettivi ed il bisogno di accudimento? Questi interrogativi ci rimandano ad un elemento fondamentale nella dinamica del rapporto tra l’essere-umano e l’animale-gatto e cioè il concetto di “proiezione”, importante perché ci permette di capire più chiaramente la dinamica del rapporto tra il bambino e il gatto.
Nella proiezione (che per la psicologia è un meccanismo di difesa) la persona “investe” di significato un oggetto (in questo caso il gatto) secondo un proprio bisogno. L’oggetto non viene più percepito per quello che realmente è ma per quello che “rappresenta”; questa immagine non è altro che la “trasposizione” di un vissuto interiore su un oggetto esterno. Pensiamo un attimo a come mai un gatto attiri così tanto su di se l’interesse di giovani coppie senza figli: il suo morbido pelo e i suoi occhi espressivi non fanno altro che richiamare l’immagine di un bambino dolce e bisognoso di coccole. Ma una cosa è certa: il gatto non è un “peluche” inanimato ma un essere vivente con le sue caratteristiche e le sue peculiarità.
Da ciò emerge l’esigenza di tener presente un altro elemento importante accanto a quello di proiezione: “la relazione”. Con l’animale si instaura infatti un rapporto dove c’è un reciproco scambio, basato sui reciproci bisogni. Come tutte le relazioni, questo rapporto a volte può essere fonte di sofferenza ma, se c’è amore e non strumentalizzazione, ci arricchisce e ci aiuta ad affrontare in modo migliore il quotidiano. Proprio per questa valenza il rapporto tra il bambino e il gatto assume un valore decisamente evolutivo. Attraverso “l’identificazione” il gatto assume per il bambino caratteristiche proiettive e di identificazione.
Dall’analisi dei disegni di bambini di 5 anni emerge chiaramente l’aspetto dell’identificazione e della proiezione di elementi legati alla propria storia ed alla propria immaginazione. Abbiamo così gatti su un tappeto volante con il fiocchetto in testa che scappano di casa, così grandi da poter essere cavalcati. Ecco il gatto per il bambino: un animale quasi “magico” in un luogo di fantasia spesso rappresentato in modo più variegato rispetto al suo eterno nemico, il cane.
Il bambino ha con il gatto una relazione per la quale deve rispettarne i limiti e le peculiarità per poter essere corrisposto. Riuscire ad instaurare un rapporto positivo con questo animale basato sul rispetto aiuta il bambino a superare il suo egocentrismo e a compensare eventuali lacune affettive, legate talvolta a situazioni frustranti (per esempio l’arrivo di un fratellino) mediante i meccanismi dell’identificazione e della proiezione.
Potremmo concludere sostenendo, ancora una volta, che avere in famiglia un animale, gatto, cane, uccellino che sia, è decisamente un’esperienza consigliabile, sempre che i genitori siano pronti a recepire e a trasmettere al bambino tutte quelle valenze positive che questo rapporto potenzialmente ci può offrire.
Fonte: Ciao.Pet.com
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