L’Uomo non ha trovato sulla Terra il suo cibo perfetto, tipico. Quindi, in senso biologico, il suo cibo "naturale" non esiste.
Per sopravvivere, ha dovuto scegliere ogni giorno per millenni che cosa mangiare, per prove ed errori, districandosi tra vegetali indigesti, antinutritivi, tossici, perfino cancerogeni. Le piante, infatti, non sono state "create per fare da cibo all’Uomo", tant’è vero che sintetizzano migliaia di veleni per difendersi dai raggi solari e dai predatori, Uomo compreso.
Altro che "piante amiche". Ancor più degli animali "feroci", le piante hanno selezionato la specie umana in modo severo, come ha detto l’oncologo Della Porta. Ancor oggi gli epidemiologi, da Peto e Doll in giù, attribuiscono al cibo almeno il 30-50 per cento di tutte le morti per tumori.
E’ un fatto, comunque, che nella Storia hanno sempre prevalso le civiltà in cui si mangiava meglio, perché l’Uomo aveva avuto l’intelligenza o la fortuna di insediarsi nei territori più fertili, praticando una dieta nutrizionalmente più completa e tossicologicamente meno rischiosa.
L’alimentazione naturale, perciò, non vuol dire che "deriva dalla Natura", come ho specificato già nella prima edizione del libro L’Alimentazione Naturale (1980), che per la prima volta riportava nel titolo questa espressione simbolica che poi avrebbe avuto fortuna. Tutto, infatti, deriva dalla Natura.
Significa invece che è la più "naturale per l’Uomo", la più adatta alla specie, nel senso che è la meno dannosa o la più protettiva, e perciò è la più sana. E’ il regime alimentare di lungo periodo che l’Uomo, pur con differenze tra popolo e popolo, ha selezionato per sé come il migliore. Dunque, ha un significato antropologico e storico. Ma ora, grazie alla moderna Scienza biologica, ha anche un significato nutrizionale, tossicologico e preventivo.
Così, l’antico e il moderno si ritrovano. La Tradizione e la Scienza sperimentale si sorreggono.
Il cibo, insomma, è la più grande opera dell’Uomo. Il cavolo selvatico, Brassica sylvestris, è una insignificante piantina legnosa dalle foglioline immangiabili. La mela selvatica è piccola, dura, aspra, ricca di sostanze tossiche e indigesta. I broccoli, le zucchine, il grano, i legumi, i frutti, e anche i cibi animali, così come noi li abbiamo sempre mangiati, non esistono in Natura. Migliaia di anni fa, li abbiamo selezionati, migliorati, incrociati, geneticamente modificati, ingrossati, ingentiliti, dolcificati, resi finalmente mangiabili, a partire da vegetali molto diversi da quelli attuali. Sono in realtà una creazione umana. Furono i grandi agronomi etruschi, per esempio, a creare con la selezione genetica il cavolo-broccolo. In Italia, altro esempio, l'ultimo prodotto dell'ingegneria genetica è il piccolo "pomodoro di Pachino", creato pochi anni fa, che tutti già ora considerano "tipico", addirittura "tradizionale". Solo le fragole di bosco e forse le more di rovo sono rimaste le stesse. Come gli animali selvatici e gran parte dei pesci.
Per i cibi animali, infatti, si pongono problemi analoghi: la carne del gigantesco e aggressivo bue antico, Bos primigenius, ammesso che si fosse riusciti a catturarlo, era fibrosa e immangiabile. Perfino in epoca storica nell’antica Roma la carne del piccolo bovino allevato per il lavoro, il domestico Bos taurus (quello "da carne" praticamente non esisteva), era così tigliosa che neanche i servi la volevano, e bisognava prima bollirla e poi arrostirla. Solo i pesci non di allevamento si sono mantenuti più o meno uguali, a parte le specie artificialmente introdotte dall'Uomo.
L’intera alimentazione, insomma, è la più alta invenzione antropologica, frutto dell’intelligenza agronomica e degli allevamenti degli Antichi. E’ paradossale che l'alimentazione naturale sia costituita in realtà da tutti alimenti "artificiali". Da quando esiste l'agricoltura.
L’Uomo, quindi, sapientemente ha tratto dalla Natura, con l’intuito, lo spirito d’osservazione e l’agricoltura degli Antichi, e ora con l’avallo della moderna Scienza sperimentale, un regime alimentare che ha permesso la propria vita e le grandi Civiltà. Grazie al cibo che la Natura non ci dava, oppure offriva in minime quantità e per brevissimi periodi dell’anno, ma che l’Uomo ha trovato, modificato, moltiplicato e reso disponibile per tutti e per tutto l’anno, abbiamo fatto figli, creato le famiglie, le tribù, la società, le città, gli Stati, il Colosseo, il diritto romano, le piramidi, le cattedrali gotiche, la Scienza, la Musica, la Cultura, la Storia.
Altro che le erbe e le bacche spontanee dei boschi che durano lo spazio di qualche giorno. Se fossimo rimasti a quelle saremmo ancora poche migliaia su tutta la Terra, rozzi, poco intelligenti e ignoranti, e penseremmo tutto il giorno, tutta la nostra vita, soltanto a cercare il cibo. Non avremmo società, scrittura, cultura.
"Naturale", dunque, è il cibo che si è dimostrato nei millenni più naturale per l’Uomo, più adatto alla sua vita, al suo sviluppo e alla sua intelligenza, in questo senso più sano. Perciò è cibo "elettivo", che l’Uomo ha scelto (dal latino eligere = scegliere). "Sano e naturale", grazie al fatto – come sappiamo oggi – che nel lungo periodo il bilancio tra sostanze protettive e sostanze dannose presenti negli alimenti, ha necessariamente visto prevalere le prime. Altrimenti saremmo tutti scomparsi.
E come deve essere, com'è, questo cibo "naturale" per l'Uomo? La Scienza biologica e la medicina hanno dimostrato, negli ultimi 30 anni, che gli Antichi avevano ragione: il cibo più sano, perché più ricco, è quello più completo, più integro, più semplice, il meno trasformato, il meno raffinato, il più vicino alle forme originarie, il più igienico, ed anche il più vario. Ebbene, questo cibo così selezionato, pur con i veleni e gli antinutrienti che contiene (molti dei quali – ecco la rivincita dell’intelligenza dell’Uomo – dotati di proprietà preventive e terapeutiche, come ha scoperto la medicina), è il più naturale per l’Uomo. Perché il cibo migliore è quello che cura (oggi si dice "riduce i rischi"). Proprio come aveva intuito Ippocrate, fondatore della medicina scientifica.
Per sopravvivere, ha dovuto scegliere ogni giorno per millenni che cosa mangiare, per prove ed errori, districandosi tra vegetali indigesti, antinutritivi, tossici, perfino cancerogeni. Le piante, infatti, non sono state "create per fare da cibo all’Uomo", tant’è vero che sintetizzano migliaia di veleni per difendersi dai raggi solari e dai predatori, Uomo compreso.
Altro che "piante amiche". Ancor più degli animali "feroci", le piante hanno selezionato la specie umana in modo severo, come ha detto l’oncologo Della Porta. Ancor oggi gli epidemiologi, da Peto e Doll in giù, attribuiscono al cibo almeno il 30-50 per cento di tutte le morti per tumori.
E’ un fatto, comunque, che nella Storia hanno sempre prevalso le civiltà in cui si mangiava meglio, perché l’Uomo aveva avuto l’intelligenza o la fortuna di insediarsi nei territori più fertili, praticando una dieta nutrizionalmente più completa e tossicologicamente meno rischiosa.
L’alimentazione naturale, perciò, non vuol dire che "deriva dalla Natura", come ho specificato già nella prima edizione del libro L’Alimentazione Naturale (1980), che per la prima volta riportava nel titolo questa espressione simbolica che poi avrebbe avuto fortuna. Tutto, infatti, deriva dalla Natura.
Significa invece che è la più "naturale per l’Uomo", la più adatta alla specie, nel senso che è la meno dannosa o la più protettiva, e perciò è la più sana. E’ il regime alimentare di lungo periodo che l’Uomo, pur con differenze tra popolo e popolo, ha selezionato per sé come il migliore. Dunque, ha un significato antropologico e storico. Ma ora, grazie alla moderna Scienza biologica, ha anche un significato nutrizionale, tossicologico e preventivo.
Così, l’antico e il moderno si ritrovano. La Tradizione e la Scienza sperimentale si sorreggono.
Il cibo, insomma, è la più grande opera dell’Uomo. Il cavolo selvatico, Brassica sylvestris, è una insignificante piantina legnosa dalle foglioline immangiabili. La mela selvatica è piccola, dura, aspra, ricca di sostanze tossiche e indigesta. I broccoli, le zucchine, il grano, i legumi, i frutti, e anche i cibi animali, così come noi li abbiamo sempre mangiati, non esistono in Natura. Migliaia di anni fa, li abbiamo selezionati, migliorati, incrociati, geneticamente modificati, ingrossati, ingentiliti, dolcificati, resi finalmente mangiabili, a partire da vegetali molto diversi da quelli attuali. Sono in realtà una creazione umana. Furono i grandi agronomi etruschi, per esempio, a creare con la selezione genetica il cavolo-broccolo. In Italia, altro esempio, l'ultimo prodotto dell'ingegneria genetica è il piccolo "pomodoro di Pachino", creato pochi anni fa, che tutti già ora considerano "tipico", addirittura "tradizionale". Solo le fragole di bosco e forse le more di rovo sono rimaste le stesse. Come gli animali selvatici e gran parte dei pesci.
Per i cibi animali, infatti, si pongono problemi analoghi: la carne del gigantesco e aggressivo bue antico, Bos primigenius, ammesso che si fosse riusciti a catturarlo, era fibrosa e immangiabile. Perfino in epoca storica nell’antica Roma la carne del piccolo bovino allevato per il lavoro, il domestico Bos taurus (quello "da carne" praticamente non esisteva), era così tigliosa che neanche i servi la volevano, e bisognava prima bollirla e poi arrostirla. Solo i pesci non di allevamento si sono mantenuti più o meno uguali, a parte le specie artificialmente introdotte dall'Uomo.
L’intera alimentazione, insomma, è la più alta invenzione antropologica, frutto dell’intelligenza agronomica e degli allevamenti degli Antichi. E’ paradossale che l'alimentazione naturale sia costituita in realtà da tutti alimenti "artificiali". Da quando esiste l'agricoltura.
L’Uomo, quindi, sapientemente ha tratto dalla Natura, con l’intuito, lo spirito d’osservazione e l’agricoltura degli Antichi, e ora con l’avallo della moderna Scienza sperimentale, un regime alimentare che ha permesso la propria vita e le grandi Civiltà. Grazie al cibo che la Natura non ci dava, oppure offriva in minime quantità e per brevissimi periodi dell’anno, ma che l’Uomo ha trovato, modificato, moltiplicato e reso disponibile per tutti e per tutto l’anno, abbiamo fatto figli, creato le famiglie, le tribù, la società, le città, gli Stati, il Colosseo, il diritto romano, le piramidi, le cattedrali gotiche, la Scienza, la Musica, la Cultura, la Storia.
Altro che le erbe e le bacche spontanee dei boschi che durano lo spazio di qualche giorno. Se fossimo rimasti a quelle saremmo ancora poche migliaia su tutta la Terra, rozzi, poco intelligenti e ignoranti, e penseremmo tutto il giorno, tutta la nostra vita, soltanto a cercare il cibo. Non avremmo società, scrittura, cultura.
"Naturale", dunque, è il cibo che si è dimostrato nei millenni più naturale per l’Uomo, più adatto alla sua vita, al suo sviluppo e alla sua intelligenza, in questo senso più sano. Perciò è cibo "elettivo", che l’Uomo ha scelto (dal latino eligere = scegliere). "Sano e naturale", grazie al fatto – come sappiamo oggi – che nel lungo periodo il bilancio tra sostanze protettive e sostanze dannose presenti negli alimenti, ha necessariamente visto prevalere le prime. Altrimenti saremmo tutti scomparsi.
E come deve essere, com'è, questo cibo "naturale" per l'Uomo? La Scienza biologica e la medicina hanno dimostrato, negli ultimi 30 anni, che gli Antichi avevano ragione: il cibo più sano, perché più ricco, è quello più completo, più integro, più semplice, il meno trasformato, il meno raffinato, il più vicino alle forme originarie, il più igienico, ed anche il più vario. Ebbene, questo cibo così selezionato, pur con i veleni e gli antinutrienti che contiene (molti dei quali – ecco la rivincita dell’intelligenza dell’Uomo – dotati di proprietà preventive e terapeutiche, come ha scoperto la medicina), è il più naturale per l’Uomo. Perché il cibo migliore è quello che cura (oggi si dice "riduce i rischi"). Proprio come aveva intuito Ippocrate, fondatore della medicina scientifica.
Nico Valerio
Fonte
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